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Silent Hill
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Silent Hill
TITOLO: Silent Hill
PRODUZIONE: Canada/ Francia/ Giappone/ U.S.A.
ANNO: 2006
GENERE: Horror
DURATA: 127'
SCENEGGIATURA: Roger Avary
FOTOGRAFIA: Dan Laustsen
MONTAGGIO: Sébastien Prangère
SCENOGRAFIA: Carol Spier
COSTUMI: Wendy Partridge
COLONNA SONORA: Jeff Danna, Akira Yamoaka
INTERPRETI: Radha Mitchel, Sean Bean, Laurie Holden, Jodelle Ferland, Deborah Kara Unger, Alice Krige, Kim Coates, Tanya Allen
Credo che le pellicole tratte da videogames siano terreno minato. Il gioco omonimo della Play Station è composto di più capitoli, la trama del film prende lo spunto dal primo, ma evolve poi in modo autonomo, con alcune diversità. Resta comunque aderente al tipo di gioco psicohorror-survival. La sceneggiatura si sviluppa su tre piani: il presente reale, quello in cui si muove il marito della protagonista e la polizia; la città fantasma alla luce del sole, in cui la poliziotta Cybil e la madre Rose sono alla ricerca della di lei figlia Sharon, scomparsa dopo un incidente d'auto all'arrivo a Silent Hill; la città oscura, la SH che compare al suono della sirena, creata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta di Alessa. Tutto il film è un alternarsi delle tre strutture narrative, con effetti speciali a mio parere ben fatti, alcune suggestioni visive che ben esprimono lo stato d'animo del giocatore davanti alla console. Certo, l'idea di una rabbia potente che riesca a creare realtà alternative o addirittura penetrare nella vita reale non è una novità per i film del genere (vedi Ring o The Grudge, tanto per citarne alcuni), così come la componente rituale Satanica o le Sette di fanatici religiosi che compiono sacrifici in nome di una fantomatica salvezza. Questo non toglie, però, che nel complesso sia comunque un film godibile soprattutto visivamente. Se poi vogliamo cercare le lacune possiamo anche farlo e sbizzarrirci, ma a che pro? Siamo comunque in un soggetto "fantasy", perché cercare congruità a tutti i costi? E comunque lo sceneggiatore Roger Avary è lo stesso di Le iene e Pulp fiction, una qualche vena grottesca c'è pure qui e non guasta.
PRODUZIONE: Canada/ Francia/ Giappone/ U.S.A.
ANNO: 2006
GENERE: Horror
DURATA: 127'
SCENEGGIATURA: Roger Avary
FOTOGRAFIA: Dan Laustsen
MONTAGGIO: Sébastien Prangère
SCENOGRAFIA: Carol Spier
COSTUMI: Wendy Partridge
COLONNA SONORA: Jeff Danna, Akira Yamoaka
INTERPRETI: Radha Mitchel, Sean Bean, Laurie Holden, Jodelle Ferland, Deborah Kara Unger, Alice Krige, Kim Coates, Tanya Allen
Credo che le pellicole tratte da videogames siano terreno minato. Il gioco omonimo della Play Station è composto di più capitoli, la trama del film prende lo spunto dal primo, ma evolve poi in modo autonomo, con alcune diversità. Resta comunque aderente al tipo di gioco psicohorror-survival. La sceneggiatura si sviluppa su tre piani: il presente reale, quello in cui si muove il marito della protagonista e la polizia; la città fantasma alla luce del sole, in cui la poliziotta Cybil e la madre Rose sono alla ricerca della di lei figlia Sharon, scomparsa dopo un incidente d'auto all'arrivo a Silent Hill; la città oscura, la SH che compare al suono della sirena, creata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta di Alessa. Tutto il film è un alternarsi delle tre strutture narrative, con effetti speciali a mio parere ben fatti, alcune suggestioni visive che ben esprimono lo stato d'animo del giocatore davanti alla console. Certo, l'idea di una rabbia potente che riesca a creare realtà alternative o addirittura penetrare nella vita reale non è una novità per i film del genere (vedi Ring o The Grudge, tanto per citarne alcuni), così come la componente rituale Satanica o le Sette di fanatici religiosi che compiono sacrifici in nome di una fantomatica salvezza. Questo non toglie, però, che nel complesso sia comunque un film godibile soprattutto visivamente. Se poi vogliamo cercare le lacune possiamo anche farlo e sbizzarrirci, ma a che pro? Siamo comunque in un soggetto "fantasy", perché cercare congruità a tutti i costi? E comunque lo sceneggiatore Roger Avary è lo stesso di Le iene e Pulp fiction, una qualche vena grottesca c'è pure qui e non guasta.
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