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Dal libro al film : le occasioni perdute
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Dal libro al film : le occasioni perdute
Agatha Christie, l’intraducibile
Non sempre da un buon libro nasce un buon film. E’ un principio questo da tenere sempre presente perché troppe sono le differenze tra un romanzo o un racconto e una buona pellicola.
E’ questo secondo me il caso di Agatha Christie, forse la più autorevole scrittrice di romanzi gialli, la creatrice dei misteri più fitti e impenetrabili, ma anche l’ineguagliabile descrittrice di atmosfere della provincia inglese. I suoi gialli sono quasi una gara di intelligenza con il lettore: gli indizi per scoprire l’assassino sono seminati lì astutamente tra le pagine, ma quasi mai il lettore riesce a pervenire alla soluzione che apparirà invece, come vuole la consuetudine, nelle ultime pagine del libro. Romanzi quasi privi di violenza, nonostante l’argomento, ma fondati, come direbbe Hercule Poirot , sulle “ cellule grigie “, cioè su quella mente che , se ben esercitata, dovrebbe fornire le opportune conclusioni.
Eppure al cinema la Christie, secondo me, non ha mai “ reso”, non ha mai “ bucato lo schermo” . C’è stato qualche film discreto come “ Dieci piccoli indiani “ ( romanzo 1939, film 1945 per la regia di Renè Clair ) , ma in questo caso il giallo di Agatha Christie subisce dei rimaneggiamenti fino ad essere stravolto. E non va meglio neppure a un regista del calibro di Sidney Lumet con il suo “ Assassinio sull’Orient express “ del 1974 ( con ben due remake :2001, regista Carl Schenkel e film tv 2010 diretto da Philip Martin ), che confeziona un film che ben poco mi ha attratto.
Perché tutti i film tratti dalla grande scrittrice inglese finiscono per essere cerebrali, statici , e la stessa lentezza dell’azione, una volta tanto, anziché scavare nella psicologia dei personaggi finisce solo per diventare stancante attesa.
Non sempre da un buon libro nasce un buon film. E’ un principio questo da tenere sempre presente perché troppe sono le differenze tra un romanzo o un racconto e una buona pellicola.
E’ questo secondo me il caso di Agatha Christie, forse la più autorevole scrittrice di romanzi gialli, la creatrice dei misteri più fitti e impenetrabili, ma anche l’ineguagliabile descrittrice di atmosfere della provincia inglese. I suoi gialli sono quasi una gara di intelligenza con il lettore: gli indizi per scoprire l’assassino sono seminati lì astutamente tra le pagine, ma quasi mai il lettore riesce a pervenire alla soluzione che apparirà invece, come vuole la consuetudine, nelle ultime pagine del libro. Romanzi quasi privi di violenza, nonostante l’argomento, ma fondati, come direbbe Hercule Poirot , sulle “ cellule grigie “, cioè su quella mente che , se ben esercitata, dovrebbe fornire le opportune conclusioni.
Eppure al cinema la Christie, secondo me, non ha mai “ reso”, non ha mai “ bucato lo schermo” . C’è stato qualche film discreto come “ Dieci piccoli indiani “ ( romanzo 1939, film 1945 per la regia di Renè Clair ) , ma in questo caso il giallo di Agatha Christie subisce dei rimaneggiamenti fino ad essere stravolto. E non va meglio neppure a un regista del calibro di Sidney Lumet con il suo “ Assassinio sull’Orient express “ del 1974 ( con ben due remake :2001, regista Carl Schenkel e film tv 2010 diretto da Philip Martin ), che confeziona un film che ben poco mi ha attratto.
Perché tutti i film tratti dalla grande scrittrice inglese finiscono per essere cerebrali, statici , e la stessa lentezza dell’azione, una volta tanto, anziché scavare nella psicologia dei personaggi finisce solo per diventare stancante attesa.
Prof Keating- cinefilo scelto
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