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Non si uccidono così anche i cavalli?
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Non si uccidono così anche i cavalli?
Titolo originale They Shoot Horses, Don't They?
Paese USA
Anno 1969
Durata 120 min
Genere drammatico
Regia Sydney Pollack
Soggetto dal romanzo di Horace McCoy
Sceneggiatura James Poe, Robert E. Thompson
Produttore Robert Chartoff, Irwin Winkler
Fotografia Philip H. Lathrop
Montaggio Fredric Steinkamp
Interpreti: Jane Fonda, Michael Sarrazin, Gig Young, Susannah York, Red Buttons, Bonnie Bedelia, Michael Conrad, Bruce Dern
Sidney Pollack viene dalla tv; all'inizio della sua carriera, grazie all'amicizia con un altro grande registra americano, John Frankenheimer, che lo introduce a Hollywood dopo averlo diretto come attore in teatro, dirige telefilm e film tv. Poi lo stesso lo chiama sul set de Il giardino della violenza con l'incarico di ripetitore di dialoghi e qui nasce il suo primo contatto col cinema. Avendo studiato arte drammatica a New York conosce perfettamente la materia e col tempo diventerà un Signor Regista, operando direttamente sul linguaggio cinematografico, denunciandone le contraddizioni. La sua ossessione è sempre e comunque IL TEMPO. Dopo aver diretto alcuni film (La vita corre sul filo, Questa ragazza è di tutti, Joe Bass l'implacabile, Ardenne 44 un inferno e alcune sequenze di Un uomo a nudo di Frank Perry) ecco che si presenta l'occasione di fare il salto di qualità. Pollack viene chiamato dalla produzione insoddisfatta dell'adattamento fatto da James Poe del romanzo di Horace McCoy "They shoot horses, don't they?" e preso a mano il copione, insieme a Robert Thompson, lo trasforma in uno dei più importanti film americani di quel decennio nell'ottica del rinnovamento hollywoodiano. Ambientato durante la grande crisi degli anni 30, il film si svolge in una sala da ballo durante una maratona con in palio 1500 dollari, coppie che ballano e portano le loro storie personali, ma senza introspezione psicologica, perché il fulcro del film è la spettacolarizzazione della sofferenza (non vi sembra un tema molto "moderno"?) e della degradazione dei concorrenti stremati. E prima o poi, il cerchio si chiude, sempre.
Paese USA
Anno 1969
Durata 120 min
Genere drammatico
Regia Sydney Pollack
Soggetto dal romanzo di Horace McCoy
Sceneggiatura James Poe, Robert E. Thompson
Produttore Robert Chartoff, Irwin Winkler
Fotografia Philip H. Lathrop
Montaggio Fredric Steinkamp
Interpreti: Jane Fonda, Michael Sarrazin, Gig Young, Susannah York, Red Buttons, Bonnie Bedelia, Michael Conrad, Bruce Dern
Sidney Pollack viene dalla tv; all'inizio della sua carriera, grazie all'amicizia con un altro grande registra americano, John Frankenheimer, che lo introduce a Hollywood dopo averlo diretto come attore in teatro, dirige telefilm e film tv. Poi lo stesso lo chiama sul set de Il giardino della violenza con l'incarico di ripetitore di dialoghi e qui nasce il suo primo contatto col cinema. Avendo studiato arte drammatica a New York conosce perfettamente la materia e col tempo diventerà un Signor Regista, operando direttamente sul linguaggio cinematografico, denunciandone le contraddizioni. La sua ossessione è sempre e comunque IL TEMPO. Dopo aver diretto alcuni film (La vita corre sul filo, Questa ragazza è di tutti, Joe Bass l'implacabile, Ardenne 44 un inferno e alcune sequenze di Un uomo a nudo di Frank Perry) ecco che si presenta l'occasione di fare il salto di qualità. Pollack viene chiamato dalla produzione insoddisfatta dell'adattamento fatto da James Poe del romanzo di Horace McCoy "They shoot horses, don't they?" e preso a mano il copione, insieme a Robert Thompson, lo trasforma in uno dei più importanti film americani di quel decennio nell'ottica del rinnovamento hollywoodiano. Ambientato durante la grande crisi degli anni 30, il film si svolge in una sala da ballo durante una maratona con in palio 1500 dollari, coppie che ballano e portano le loro storie personali, ma senza introspezione psicologica, perché il fulcro del film è la spettacolarizzazione della sofferenza (non vi sembra un tema molto "moderno"?) e della degradazione dei concorrenti stremati. E prima o poi, il cerchio si chiude, sempre.
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